Se Andorra, S.Marino e Lichtenstein vi inquietano per la loro vastità, benvenuti nel mondo dei microstati, a cui Lonely Planet ha dedicato la prima guida turistica mai pubblicata intorno a questo tema.
Ma cos’è esattamente uno Stato? Secondo Frank Zappa, “non puoi essere un vero Stato se non hai una birra e una compagnia aerea – una squadra di calcio o qualche bomba nucleare non guastano, ma l’essenziale è una birra”. Più seriamente, i requisiti dovrebbero essere: avere un territorio definito, una popolazione stabile, un governo, la capacità di intrattenere relazioni con gli altri Stati. Niente di troppo complicato, tanto è vero che anche gli Stati minuscoli soddisfano di solito queste condizioni. Purtroppo occorre anche essere riconosciuti da Stati che lo siano a loro volta, e qui il gioco diventa più difficile per i nani dell’arena internazionale. Ma a parte questo difetto – peraltro comune a Stati di tutto rispetto, quali la Palestina o Taiwan, che attendono da tempo il loro seggio alle Nazioni Unite – i microstati sono spesso un esempio di consapevolezza e orgoglio nazionale, con tanto di costituzione, bandiera, inno, monete, francobolli, passaporti e visti.
Il pretesto più frequente per creare un microstato si ha quando si dimentica di menzionare una località in qualche trattato internazionale, come Seborga, solo esempio italiano citato nella guida. Nel caso del più noto microstato, il Principato di Sealand, creato su di una piattaforma antiaerea abbandonata nel Mare del Nord, fu invece decisiva la collocazione al di fuori delle acque territoriali; e così da 40 anni Sealand si misura con le autorità britanniche (incluso alcune fucilate indirizzate a un marinaio della flotta inglese che aveva espresso apprezzamenti per la figlia del sovrano). Altri microstati nascono per gioco, spesso fondati da adolescenti, anche se a volte, a dire il vero, il gioco finisce male, come nel caso di Pauline Parker e Juliette Hulme, che negli anni Cinquanta inventarono la nazione di Borovnia (Nuova Zelanda); quando i genitori, preoccupati dal loro eccessivo coinvolgimento nell’impresa, le separarono, le due ragazze uccisero la madre di Pauline. Molti microstati nascono poi per protesta verso lo Stato d’appartenenza, spesso per ragioni fiscali. È il caso del Principato di Hutt River, fondato nel 1970 nella sua fattoria da un agricoltore australiano, Leonard Casley (ora Sua Altezza Reale Leonard I), che si sentiva minacciato dalla politica di restrizioni governative ai sussidi agricoli; Leonard, che alcuni anni dopo non ha esitato a dichiarare guerra all’Australia, riconosce come suo sovrano la regina Elisabetta II d’Inghilterra (come molti microstati in territori appartenuti un tempo all’impero inglese). Il paesino di Whangamomona (Nuova Zelanda) nel 1989 ha invece proclamato la secessione quando gli abitanti, fanatici per il rugby, scoprirono che il nuovo confine provinciale li avrebbe costretti a giocare nella detestata squadra rivale. Sono invece legate ai diritti civili le motivazioni del Gay and Lesbian Kingdom of the Coral Sea Islands, fondato nel 2004, quando il governo australiano rifiutò di concedere il matrimonio omosessuale: la bandiera è (ovviamente) arcobaleno, l’inno nazionale “I’m What I’m” di Gloria Gaynor, e una vivace vita di società mette in secondo piano qualche problema di futuro popolamento. Del resto persino John Lennon e Yoko Ono, alle prese con l’ufficio immigrazione che voleva allontanare il cantante dagli Stati Uniti, proclamarono la nascita di Nutopia il 1 aprile 1973, scegliendo un’elegante bandiera bianca, e per inno alcuni secondi di silenzio, nei quali ognuno poteva ricordare la propria canzone preferita. Altre micronazioni sono invece (quasi) serie. Ad esempio lo stato alternativo di Christiania (Copenhagen), fondato dagli squatters danesi nel 1971, con i suoi tricicli (le auto erano bandite), i concerti (anche di Bob Dylan), le migliaia di visitatori, almeno fino al 2004, quando il governo danese ha ridotto i margini di tolleranza.
Alcuni microstati coltivano enormi ambizioni territoriali, ad esempio verso il Polo Sud, ma i più caratteristici sono senza dubbio quelli che scaturiscono dal sogno e dalla ferrea volontà di un individuo, come la Repubblica di Molossia (Nevada, Usa) fondata da Kevin Baugh (che ne è ovviamente il presidente). Altri mostrano grandi capacità di comunicazione, come Lovely, “il primo Stato interamente con doppi vetri”, creato nell’appartamento londinese dell’attore Danny Wallace, divenuto nel 2005 il soggetto di una serie TV della BBC2: Come creare il tuo Stato personale. Anche la Maritime Republic of Eastport (Maryland), proclamata nel giorno del Super Bowl del 1998 in risposta alla chiusura per lavori di manutenzione del ponte che li collegava alla terraferma, ha riscosso un grande successo: da non perdere l’annuale gigantesca gara di tiro alla fune tra la penisola e la terraferma (500 metri, 500 partecipanti; 500 metri è anche la lunghezza dell’annuale micromaratona).
Inutile dire che i microstati sono un’autentica miniera a cielo aperto di curiosità e stravaganze. Nicholas I (nella foto), uno sfaccendato inglese, ha fondato l’impero di Copeman nella sua roulotte. La Repubblica di Kugelmugel è stata invece stabilita da un’artista austriaco, Edwin Lipburger, dentro una sfera di 8 metri di diametro, che il governo ha prima ordinato di demolire, imprigionando anche l’autore, e poi messo in mostra nel Prater di Vienna. Il Regno danese di Elleore, sull’omonima isola, ha bandito il “Robinson Crusoe”, accusato di dare “un’impressione falsa e distorta della vita su una piccola isola”, mentre nel Principato di Vikesland (Manitoba, Canada) si festeggia due volte Halloween; non è da meno l’Aerican (sic) Empire (Montreal), dove si celebra l’Oops Day (27 febbraio), anniversario del giorno in cui la Torre di Pisa cominciò appunto a pendere. La festa principale dei microstati resta comunque l’8 gennaio, dedicato alla memoria di Joshua Norton, che nel 1859 si proclamò Imperatore degli Stati Uniti con il nome di Norton I. Tra tanta pazzia non manca peraltro qualche perla di saggezza: e così la Repubblica di Molossia ha ratificato il protocollo di Kyoto (a differenza degli Stati Uniti, per dire), mentre il Granduca Travis di Westarctica (Polo Sud) ha criticato duramente il governo sudanese per le violenze nella regione del Darfur. La Conch Republic (Florida) ha dichiarato guerra agli Stati Uniti nel 1982 per subito arrendersi e chiedere aiuti sul modello del Piano Marshall. E come criticare i numerosi microstati (Snake Hill per esempio), che impediscono agli avvocati l’ingresso sul loro territorio?
Questa guida offre naturalmente prima di tutto una piacevole lettura, ma non mancano tutte le informazioni turistiche (anche per questo esclude le infinite nazioni virtuali create su Internet). In linea di massima la maggior parte dei microstati sono visitabili; anzi, potreste essere accolti da qualche Re, Arciduca, Sua Altezza o Presidente. Meglio però avvisare del vostro arrivo: potrebbe essere all’estero...per fare la spesa.
Ma cos’è esattamente uno Stato? Secondo Frank Zappa, “non puoi essere un vero Stato se non hai una birra e una compagnia aerea – una squadra di calcio o qualche bomba nucleare non guastano, ma l’essenziale è una birra”. Più seriamente, i requisiti dovrebbero essere: avere un territorio definito, una popolazione stabile, un governo, la capacità di intrattenere relazioni con gli altri Stati. Niente di troppo complicato, tanto è vero che anche gli Stati minuscoli soddisfano di solito queste condizioni. Purtroppo occorre anche essere riconosciuti da Stati che lo siano a loro volta, e qui il gioco diventa più difficile per i nani dell’arena internazionale. Ma a parte questo difetto – peraltro comune a Stati di tutto rispetto, quali la Palestina o Taiwan, che attendono da tempo il loro seggio alle Nazioni Unite – i microstati sono spesso un esempio di consapevolezza e orgoglio nazionale, con tanto di costituzione, bandiera, inno, monete, francobolli, passaporti e visti.
Il pretesto più frequente per creare un microstato si ha quando si dimentica di menzionare una località in qualche trattato internazionale, come Seborga, solo esempio italiano citato nella guida. Nel caso del più noto microstato, il Principato di Sealand, creato su di una piattaforma antiaerea abbandonata nel Mare del Nord, fu invece decisiva la collocazione al di fuori delle acque territoriali; e così da 40 anni Sealand si misura con le autorità britanniche (incluso alcune fucilate indirizzate a un marinaio della flotta inglese che aveva espresso apprezzamenti per la figlia del sovrano). Altri microstati nascono per gioco, spesso fondati da adolescenti, anche se a volte, a dire il vero, il gioco finisce male, come nel caso di Pauline Parker e Juliette Hulme, che negli anni Cinquanta inventarono la nazione di Borovnia (Nuova Zelanda); quando i genitori, preoccupati dal loro eccessivo coinvolgimento nell’impresa, le separarono, le due ragazze uccisero la madre di Pauline. Molti microstati nascono poi per protesta verso lo Stato d’appartenenza, spesso per ragioni fiscali. È il caso del Principato di Hutt River, fondato nel 1970 nella sua fattoria da un agricoltore australiano, Leonard Casley (ora Sua Altezza Reale Leonard I), che si sentiva minacciato dalla politica di restrizioni governative ai sussidi agricoli; Leonard, che alcuni anni dopo non ha esitato a dichiarare guerra all’Australia, riconosce come suo sovrano la regina Elisabetta II d’Inghilterra (come molti microstati in territori appartenuti un tempo all’impero inglese). Il paesino di Whangamomona (Nuova Zelanda) nel 1989 ha invece proclamato la secessione quando gli abitanti, fanatici per il rugby, scoprirono che il nuovo confine provinciale li avrebbe costretti a giocare nella detestata squadra rivale. Sono invece legate ai diritti civili le motivazioni del Gay and Lesbian Kingdom of the Coral Sea Islands, fondato nel 2004, quando il governo australiano rifiutò di concedere il matrimonio omosessuale: la bandiera è (ovviamente) arcobaleno, l’inno nazionale “I’m What I’m” di Gloria Gaynor, e una vivace vita di società mette in secondo piano qualche problema di futuro popolamento. Del resto persino John Lennon e Yoko Ono, alle prese con l’ufficio immigrazione che voleva allontanare il cantante dagli Stati Uniti, proclamarono la nascita di Nutopia il 1 aprile 1973, scegliendo un’elegante bandiera bianca, e per inno alcuni secondi di silenzio, nei quali ognuno poteva ricordare la propria canzone preferita. Altre micronazioni sono invece (quasi) serie. Ad esempio lo stato alternativo di Christiania (Copenhagen), fondato dagli squatters danesi nel 1971, con i suoi tricicli (le auto erano bandite), i concerti (anche di Bob Dylan), le migliaia di visitatori, almeno fino al 2004, quando il governo danese ha ridotto i margini di tolleranza.
Alcuni microstati coltivano enormi ambizioni territoriali, ad esempio verso il Polo Sud, ma i più caratteristici sono senza dubbio quelli che scaturiscono dal sogno e dalla ferrea volontà di un individuo, come la Repubblica di Molossia (Nevada, Usa) fondata da Kevin Baugh (che ne è ovviamente il presidente). Altri mostrano grandi capacità di comunicazione, come Lovely, “il primo Stato interamente con doppi vetri”, creato nell’appartamento londinese dell’attore Danny Wallace, divenuto nel 2005 il soggetto di una serie TV della BBC2: Come creare il tuo Stato personale. Anche la Maritime Republic of Eastport (Maryland), proclamata nel giorno del Super Bowl del 1998 in risposta alla chiusura per lavori di manutenzione del ponte che li collegava alla terraferma, ha riscosso un grande successo: da non perdere l’annuale gigantesca gara di tiro alla fune tra la penisola e la terraferma (500 metri, 500 partecipanti; 500 metri è anche la lunghezza dell’annuale micromaratona).
Inutile dire che i microstati sono un’autentica miniera a cielo aperto di curiosità e stravaganze. Nicholas I (nella foto), uno sfaccendato inglese, ha fondato l’impero di Copeman nella sua roulotte. La Repubblica di Kugelmugel è stata invece stabilita da un’artista austriaco, Edwin Lipburger, dentro una sfera di 8 metri di diametro, che il governo ha prima ordinato di demolire, imprigionando anche l’autore, e poi messo in mostra nel Prater di Vienna. Il Regno danese di Elleore, sull’omonima isola, ha bandito il “Robinson Crusoe”, accusato di dare “un’impressione falsa e distorta della vita su una piccola isola”, mentre nel Principato di Vikesland (Manitoba, Canada) si festeggia due volte Halloween; non è da meno l’Aerican (sic) Empire (Montreal), dove si celebra l’Oops Day (27 febbraio), anniversario del giorno in cui la Torre di Pisa cominciò appunto a pendere. La festa principale dei microstati resta comunque l’8 gennaio, dedicato alla memoria di Joshua Norton, che nel 1859 si proclamò Imperatore degli Stati Uniti con il nome di Norton I. Tra tanta pazzia non manca peraltro qualche perla di saggezza: e così la Repubblica di Molossia ha ratificato il protocollo di Kyoto (a differenza degli Stati Uniti, per dire), mentre il Granduca Travis di Westarctica (Polo Sud) ha criticato duramente il governo sudanese per le violenze nella regione del Darfur. La Conch Republic (Florida) ha dichiarato guerra agli Stati Uniti nel 1982 per subito arrendersi e chiedere aiuti sul modello del Piano Marshall. E come criticare i numerosi microstati (Snake Hill per esempio), che impediscono agli avvocati l’ingresso sul loro territorio?
Questa guida offre naturalmente prima di tutto una piacevole lettura, ma non mancano tutte le informazioni turistiche (anche per questo esclude le infinite nazioni virtuali create su Internet). In linea di massima la maggior parte dei microstati sono visitabili; anzi, potreste essere accolti da qualche Re, Arciduca, Sua Altezza o Presidente. Meglio però avvisare del vostro arrivo: potrebbe essere all’estero...per fare la spesa.
John Ryan, George Dunford, Simon Sellars, “Micronations. The Lonely Planet Guide to Home-Made Nations”, Lonely Planet, Melbourne 2006, pp.160, $ 14,99.
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