Un popolo che è nello stesso tempo - il diavolo sa in che modo - luttuoso e festaiolo, chiuso e rumorosissimo, di poche parole e di molte grida, sensuale e affettuoso, filosofo per natura e incolto in filosofia, l'unico che ami e apprezzi il sogno e la fantasia e l'ultimo fra i popoli che leggono opere di fantasia e di sogno, curiosissimo e in gran parte ignorante, facile alle avventure e tutta via cauto nel metter fuori il denaro... La follia e la saggezza lo guidano senza litigare, non si sa veramente come, essendo tutt'e due profonde e gravi. Una luce felicissima lo avvolge, ma questo popolo mostra di non saperlo. Esso è triste, di umor nero, come se fosse sepolto nella nebbia, schiacciato da un cielo plumbeo, mentre raggi dorati, frecce lucenti di aria lo colpiscono da ogni parte, e i riflessi del mare tremolano gaiamente sulle facciate delle case. Diavolo, che cos'ha? Perché tiene le mani sprofondate nelle tasche e il cappello calcato sugli occhi? Perché guarda così torvo un cielo che gli sorride così benevolo? E' un popolo difficile da spiegarsi, se non addirittura inspiegabile.
Vitaliano Brancati, "Catania è stata la tomba dei prefetti", "Il Tempo", 17 dicembre 1946
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