giovedì 23 agosto 2007

Tra il 2005 e il 2006 Matteo Scarabelli ha “circumpedalato” tutto il Mediterraneo, percorrendo in sella alla sua bicicletta 13.000 chilometri in 10 mesi, peraltro senza inconvenienti che andassero al di là del mal di schiena, una foratura, o un’inseguimento da parte di un cane (ma un branco di randagi in Turchia è stato un pericolo vero). Scarabelli ha una profonda passione per questo mezzo “povero e sovversivo”, con il quale si è spinto in passato sino al Baltico, dopo aver lasciato una vita sicura per cercare in altri Paesi la risposta alle proprie inquietudini.
Le pagine più interessanti sono senza dubbio quelle dedicate alla sponda sud. Il suo periplo mediterraneo si snoda attraverso Paesi aperti, abituati ai visitatori, come Marocco e Tunisia, o chiusi e diffidenti, dove degli accompagnatori sono necessari per ragioni di sicurezza (Algeria) o imposti dalle autorità (Libia) per controllare ogni mossa del singolare visitatore. Un viaggio intessuto di contrasti, dove città soffocate da traffico e inquinamento, orribili periferie degradate, discariche a cielo aperto si alternano a scorci d’inattesa e straordinaria bellezza, nei siti archeologici, nelle strette vie dei centri storici, con i loro mercati, o al cospetto del deserto. Nel bene e nel male il Medio Oriente è il centro dell’esperienza, e le emozioni di Gerusalemme, sovraccarica di significati, segnano il culmine del viaggio, e l’inizio di un rapido ritorno attraverso i Balcani.
La bicicletta si conferma strumento perfetto per viaggi anche lunghi (spesso raccontati nei libri dell’editore specializzato Ediciclo,
www.ediciclo.it): viaggiando su due ruote si è abbastanza veloci per andare lontano, ma anche abbastanza lenti per non perdere contatto con il territorio, così che l’umile pedalatore capisce spesso dei Paesi attraversati più degli economisti, accecati dalle loro statistiche, o di qualche corrispondente paracadutato in un albergo a cinque stelle. E così, ad esempio, quell’Islam che spesso ci viene presentato potente e minaccioso si rivela invece irrimediabilmente frammentato e velleitario, pericoloso quasi solo per la disperazione e i rancori che lo attraversano. Rivelatori sono gli attraversamenti dei confini, che più volte rischiano di far fallire il viaggio di Scarabelli. Chiuso senza speranze quello tra Marocco e Algeria (per l’annosa questione del Sahara occidentale), incerto quello tra Algeria e Tunisia, imprevedibili quelli libici. Più volte per raggiungere il Paese successivo Scarabelli deve tornare in Spagna o in Francia poiché, ed è paradossale, si è più facilmente ammessi da un Paese occidentale che da uno – molto teoricamente – fratello. E l’America sarà il Grande Satana, ma il visto egiziano si può pagare solo in dollari... I confini del Medio Oriente sono poi irrimediabilmente avvelenati: respinto a Gaza, Scarabelli deve affrontare un lungo giro passando dal Mar Rosso e dai suoi paradisi vacanzieri; e quando riesce finalmente a entrare in Israele da Eilat, mescolato a poveri nigeriani, ha la sgradevole sorpresa di venire innaffiato di disinfettante dall’alto. Uscire da Israele è poco meno complicato, e dopo occorrerà sostituire il vecchio passaporto, “macchiato” dal visto israeliano, che nessun Paese dell’area accetterebbe più. Poco male, perché di lì a poco il passaporto non serve più, e basta la carta d’identità.
Il viaggio, teoricamente solitario, è stato in realtà scandito da molte presenze. Il viaggiatore ciclista, solo, infangato o impolverato, riduce a poca cosa il consueto divario tra occidentali e locali, e questa circostanza facilita gli incontri, a volte programmati (con membri dell’associazione pacifista Servas), più spesso casuali, con sconosciuti che volentieri aprono le loro case all’ospite, circondandolo di attenzioni. Lasciata saggiamente da parte la politica, che in quest’area ha prodotto quasi solo danni, la vita quotidiana, con le sue speranze e preoccupazioni, ovunque così simili, diventa il tema di una conversazione facile e rilassata. Una conversazione che in alcuni Paesi è solo tra uomini, con le donne, vestite di nero, ritirate nella parte di casa loro riservata, ma che in altri (Tunisia, Egitto) coinvolge anche donne che svolgono professioni prestigiose, e guidano auto sportive. E in fondo sono soprattutto le donne a svelare come l’omogeneità linguistica e religiosa della sponda sud del Mediterraneo sia in gran parte apparenza (o nostra comoda illusione), anche se un diffuso maschilismo resta ovunque la nota dominante: al momento è impensabile per una donna occidentale compiere un viaggio come questo. Ma Scarabelli percepisce anche il sordo malumore che cova tra i giovani, la maggioranza della popolazione in questi Paesi, attratti e al tempo stesso respinti da una modernità che li illude, ma non mantiene poi le sue promesse, e li abbandona in preda ad una frustrazione che alimenta paradossalmente la riscoperta della tradizione.
Alla fine del viaggio, le domande iniziali riecheggiano senza trovare risposta, e dopo averlo interamente percorso, il Mediterraneo resta in larga parte misterioso, imprevedibile. Guardato dall’altra sponda, il Mare nostrum quasi non si riconosce, e il nome arabo - Albhr Alabid Almutwasi – suona estraneo. Ma esiste poi un’identità mediterranea? Cos’avranno mai in comune i molti e diversi popoli incontrati: francesi, spagnoli, marocchini, algerini, tunisini, libici, egiziani, israeliani, palestinesi, giordani, siriani, libanesi, turchi, greci, albanesi, montenegrini, croati, bosniaci, sloveni... Scarabelli trova spesso i segni di un passato comune (ma non sempre condiviso), che di questa identità è il principale, forse il solo fondamento, ma che può anche trasformarsi in una prigione dorata. Di certo dietro lo scenario dei troppi palazzi schierati lungo le riviere ammalate di cemento, c’è un mondo destrutturato dalle rapide trasformazioni economiche e politiche, impaurito, timoroso del futuro, che appena e faticosamente s’intravede tra divieti, chiusure, sbarramenti, incomprensioni.
E così, giunti a Capodistria, si può soltanto congedarsi con il saluto più bello del mondo, Salam aleikum, la pace sia con te, battendosi il cuore con la mano destra.
Matteo Scarabelli, "C’è di mezzo il mare. Viaggio in bicicletta intorno al Mediterraneo", Ediciclo, Portogruaro 2007, pp. 304, € 16,50

Clavis

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