I primi suggerimenti di Michele Ferrari per i partecipanti alla "Summer School 2006"
1) diretto
2) indiretto
1) E’ diretto quel viaggio che si compie quando c’è il movimento di ciò che entra nel nostro campo visivo. A questo scorrere partecipano la mente e la volontà che affiancano lo spostamento fisico predisponendoci a catturare immagini vaghe o vere e proprie inquadrature.
2) E’ indiretto quel viaggio che si compie passivamente, ad occhi chiusi, quando da fermi l’immagine viene prodotta dalla nostra immaginazione e la mente si butta in avanti verso luoghi di fantasia riempendosi di fotografie e filmati virtuali.
Teoria
E’ fondamentale alimentare i due profili quando si sceglie come ricordare un viaggio.
Il viaggio è pensato e desiderato e poi vissuto veramente o viceversa.
Scegliere come personalizzare il ricordo del nostro viaggio.
Cercare uno stile con il quale presentare solo ed esclusivamente noi stessi il nostro viaggio nel materiale che torna a casa.
Chi sono gli utenti finali delle nostre memorie di viaggio?
Prima di tutti noi stessi e poi tutti coloro ai quali vogliamo far vivere una esperienza stabilita dalla nostra personalità.
Ciò che ritorna con noi non deve piacere a chiunque, perché non faremo un documentario o un reportage, ma avremo un prodotto personale che ci racconta per mezzo di stimoli, che saranno tanto più veri e nostri, quanto più saremo in grado di interpretarli coraggiosamente.
Noi dobbiamo pensare che quello stesso viaggio lo facciamo come minimo due volte: quando siamo là davvero nel luogo prescelto col corpo e con la mente e quando lo riviviamo attraverso la memoria.
Le immagini, fisse o mobili che siano, sono degli appoggi che ci aiutano a ricordare il viaggio veramente, così come lo abbiamo fatto. La memoria ci permette di uscire o rientrare a piacimento da quella realtà.
Il tema centrale da isolare dentro di noi è LA SCELTA.
Di un luogo o di un’esperienza non si può riportare tutto, lasciamo fare questo sforzo a chi confeziona le guide o a chi scrive articoli. Noi dobbiamo scegliere non come sarà il nostro viaggio, ma come raccontarlo.
Questo concetto lo introduciamo già in modo indiretto quando ci prepariamo a partire, proprio perché una parte di noi è prevalente su qualunque meta mentre un’altra ne resta condizionata in modo diretto.
Gli strumenti o appoggi non sono la garanzia di avere tante immagini da scegliere una volta tornati per mostrare quello che abbiamo fatto e dove siamo stati.
Riempire le memorie digitali di migliaia di immagini senza un criterio nostro, intimo, farà di quel materiale un materiale sprecato e inutile.
Pratica
Dobbiamo pensare prima di tutto a un posto fisico dove metteremo la storia del nostro viaggio.
Pensiamo ad una mensola o ad uno scaffale.
Vediamo il momento in cui vi appoggiaremo il primo fascicolo che contiene la storia del nostro viaggio.
Il fascicolo è formato da quattro strumenti:
1. Le foto
2. Il film
3. Gli appunti
4. La nostra memoria
Di tutti il fondamentale è l’ultimo, che orienta gli altri tre.
La memoria è sostenuta dalla nostra sensibilità, dal nucleo originale del nostro carattere e noi non siamo affatto digitali!
Noi, per via del nostro carattere, daremo un tema, un linguaggio al modo di raccontare e alle immagini che vorremo raccogliere.
Avremo con lo stesso principio, pensieri da abbinare a quelle immagini che finiranno in parte scritte tra gli appunti e in parte “salvate” nella nostra testa.
Ora andate a caccia di voi stessi attraverso il viaggio che state facendo. Voi avete un nome, un cognome e un ineguagliabile DNA. Catturate quello e solo quello che rientra nel titolo che avete dato alla vostra avventura. Esercitatevi con oggetti, simboli, colori, tipi di inquadratura… e tornate solo quando sarete certi che nessuno potrà scambiarvi per qualcun altro.
La forma con cui tutto questo finirà nel nostro fascicolo la dobbiamo decidere noi, non impedendo alla nostra fantasia di inventare ogni possibile stile di archiviazione.
Immagino un mucchietto di fotografie sciolte o impaginate in modo ordinato, insieme ad un quaderno pieno di scarabocchi o bellissime frasi compiute, dentro il quale infilare il disco DVD con un simbolo, una sigla o con un semplice segno colorato a rappresentarne l’etichetta. Il tutto tenuto insieme da elastici robusti o spago scenografico. Ecco il fascicolo che da quest’anno trova per primo il posto in testa allo scaffale della vostra libreria e sul quale scrivete orgogliosi: MARSALA 2006.
4 Comments:
A me sembrano suggerimenti per un progetto grandioso.
Ho dovuto "assaggiare" più di una volta queste linee guida perchè la prima lettura non è stata sufficiente per farle riconoscere alla mente e al cuore, comunque adesso hanno un gusto squisito.
Quindi: la volontà è ben rifornita di energia, i supporti per "cucinare" ci sono tutti...credo che l'intuizione, poichè fa parte dell'ineguagliabile DNA di ognuno, sarà tra le guide che ci farà trovare gli oggetti, simboli, ecc. che ci servono e che cercheremo, il pizzico di lievito per trasformare il tutto nella migliore forma possibile che vorremo dargli. Grazie, dunque, per i suggerimenti.
Comincio indirettamente, come si faceva semplicemente una volta, con l'annodare con coraggio un panno che sia abbastanza capiente (ma non d’intralcio!) a un bastone, e comincio a cercare.
Buona ricerca a tutti!
Elena Morone, uniPv
mi sembra fondamentale la sottolineatura che fai in questo post, la memoria digitale e l' interpretazione personale, il dare un criterio all' esperienza:
in questo modo sarà unica per noi e per chi assisterà.
La differenza tra un'esperienza di massa ed una "interpretata"con personalità è la stessa che c'è tra un concerto di musica classica e di jazz.
per quanto mi riguarda desidero avere più informazioni possibili circa i viaggiatori 2006 in modo da potermi avvantaggiare sui tempi e fantasticare sugli esperimenti da assegnarvi una volta che ci vedremo in faccia
per cui scrivete al mio indirizzo di posta, le vostre più colorate qualità e i vostri più grigi limiti. Facilmente mescolando gli uni e gli altri, ribalteremo quest'ordine!!!
mic
Nell'arte del viaggio, essere divenire e contatto con ciò che non si è. Mi sembrano le tre radici di una "dromomania empedoclea" a cui di rado vengo meno.
Uso spesso mezzi di fortuna, ché non sempre ho accanto una fotocamera o anche un colore di inchiostro che assomigli all'umore del luogo. Lì, ciò che sono si allontana da ciò che so, nel contorno delle mani e nello straniero in cui si sfocia è il movimento.
Questo, nel mio pensieroso non pensare a Marsala. Le promesse dei marinai funzionano all'incirca allo stesso modo e le ragazze se ne innamorano...
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