mercoledì 28 giugno 2006

E io propongo una poesia che, mi pare, riassume il senso del viaggio e della vita.
E' "Itaca", di Konstantinos Kavafis (Prisca Benelli).

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere d'incontri
se il pensiero resta alto e il sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo
né nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga
che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche aromi
penetranti d'ogni sorta, più aromi
inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.

Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
Già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

Konstantinos Kavafis, "Cinquantacinque poesie", Einaudi, Torino 1984.

5 Comments:

At 10:53 AM, Anonymous Anonimo said...

Ciao!
Trovo interessante esprimere le proprie emozioni attraverso le poesie e così ho deciso di scegliere "Canzone di viaggio" di Hermann Hesse. È una poesia piuttosto corta, ma a mio parere significativa...spero infatti anche io di "ogni stella diventare ospite e amico".

Sole illumina il mio cuore,
vento disperdi le mie pene e i miei lamenti!
Piacere più profondo non conosco sulla terra
se non di andare lontano.

Per la pianura seguo il mio corso,
il sole deve ardermi, il mare rinfrescarmi
per condividere la vita della nostra terra
dischiudo festoso i miei sensi.

E così ogni nuovo giorno mi deve
nuovi amici, nuovi fratelli indicare,
finché lieto posso tutte le forze celebrare,
e di ogni stella diventare ospite e amico.

A presto
Andrea (--> al femminile!!)

 
At 11:02 PM, Anonymous Anonimo said...

Belle entrambe. In particolare, aggirandosi per il Mediterraneo, prima o poi è inevitabile incontrare Kavafis. E tuttavia non le sento interamente vicine, perché del viaggio esprimono soltanto quello che Magris (autore per inciso di "Itaca e oltre") chiamava il lato diurno, solare, la gioia dell'andare e del vedere... ma il viaggio ha anche un lato notturno, oscuro, ripiegato, ha a che fare con le malinconie e la solitudine del viaggiatore: non si è mai cosi' soli, come quando si viaggia...
O, se vogliamo continuare nel gioco poetico, il problema è proprio che Ciclopi e Lestrigoni, o l'irato Nettuno, ce li portiamo dentro, e sono compagni di viaggio con cui imparare a convivere, vincendo la tentazione di rimuoverli, anche perché hanno molto da insegnarci anch'essi.

 
At 5:33 PM, Anonymous Anonimo said...

Malinconie e solitudine del viaggiatore: credo che Ciclopi, Lestrigoni e l’irato Nettuno non siano da ignorare, evitare o cercare di dissimulare, data anche la loro imponenza; credo anche che siano loro a rafforzare in qualche modo la capacità di farci vedere il lato diurno di cui scrivono Hesse e Kavafis. E fin qua la malinconia del viaggiatore. Però mi sembra che la solitudine non sia sullo stesso piano…non credo che faccia parte del lato notturno perché non fa parte del viaggiatore; un viaggiatore non dovrebbe essere solo per definizione, credo lo possa diventare nel momento in cui ci pensa, ma un viaggiatore non può stare sempre a occhi chiusi.
Cerco smentite di soccorso a quello che ho appena scritto perché se non avessi messo il punto avrei rischiato di volatilizzarmi in quel pensiero.

 
At 12:46 PM, Anonymous Anonimo said...

A proposito di Ciclopi e Lestrigoni, colgo l'occasione per proporre uno spunto di riflessione. Il viaggio era per gli antichi latini e graci un dovere imposto dalle divinità a cui dovevano necessariamente rispondere. Pensiamo ad Enea che ha dovuto abbandonare Didone o a Ulisse che lottato per tornare, solo, ad Itaca. Nel Medioevo il viaggio diventa un tema con una sfumatura differente: è simbolo di libertà. Nel 1400 gli uomini iniziano e spingersi aldilà del mondo conosciuto.
Oggi cosa è per noi? Coercizione o libertà? O entrambi? Penso, personalmente, che ci sia un forte desiderio di sentirsi vivi e liberi, viaggiando, ma allo stesso tempo si senta bisogno di dover viaggiare.
Giuliana Guidotti

 
At 12:53 PM, Anonymous Anonimo said...

A proposito di Ciclopi e di Lestrigoni, colgo l'occasione per proporre uno spunto di riflessione. Nel mondo antico, il viaggio è simbolo di un dovere imposto dagli dei e cui gli uomini non possono sottrarsi. Pensiamo ad Enea che ha dovuto abbandonare Didone o a Ulisse che ha lottato per tornare, solo, ad Itaca. Nel Medioevo gli uomini iniziano a spingersi aldilà del mondo conosciuto ed il viaggio diventa sinonimo di Libertà.
Cosa significa oggi viaggiare? Coercizione o libertà?
Penso che si viaggi per un desiderio di conoscere, di sentirsi liberi e vivi, ma allo stesso tempo si senta il bisogno continuo di dover viaggiare, di muoversi.
Giuliana Guidotti

 

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