martedì 5 settembre 2006

Un viaggio ebraico nell'assoluto presente, in una concretezza senza memoria, è probabilmente impossibile. Per indicare il "viaggiare" si usa in ebraico la parola nasa', e a essa si ricorre per definire i tipi piu' vari di spostamento, dal volo in aereo al trasferimento via terra, in macchina o in treno, oppure sull'acqua, in nave. Nell'uso moderno è un vocabolo quasi neutro, ma in antico, nella prosa della Scrittura, nasa' era innanzitutto un verbo-gesto, che indicava l'azione con cui si tolgono i paletti della tenda. Era un rito del deserto, con il quale si smontava l'abitazione provvisoria per ripiegarla e trasportarla altrove.
Si puo' dire che in questa allegoria linguistica della tenda sia contenuta la definizione dell'intrinseca mobilità del Giudaismo. Cosi' come la tenda consente di dislocarsi recando con sé tutti i propri beni, la diaspora è possibile grazie alla trasferibilità dell'identificazione ebraica di sé, che permette di ricostruire altrove gli elementi essenzaili di cio' che si è dovuto abbandonare nella stazione storica precedente. (Giulio Busi, Il Sole24Ore)