Quando la Riviera inventò l’estate
«Sulla bella costa della Riviera francese, a mezza strada tra Marsiglia e il confine italiano, sorge un albergo rosa, grande e orgoglioso. Palme deferenti ne rinfrescano la facciata rosata, e davanti a esso si stende una breve spiaggia abbagliante. Recentemente è diventato un ritrovo estivo di gente importante e alla moda; dieci anni fa, quando in aprile la clientela inglese andava verso il Nord, era quasi deserto. Ora molte villette vi si raggruppano intorno; ma quando questa storia incomincia, soltanto i tetti di una dozzina di vecchie ville marcivano come ninfee in mezzo ai pini ammassati tra l'Hotel des Etrangers di Gausse e Cannes, otto chilometri più in là.»
Riconosciuto? È il celebre incipit di “Tenera è la notte”, di Francis Scott Fitzgerald, pubblicato nel 1934, che racconta come fu “inventata” la nuova vita turistica sulla Riviera negli anni Venti del Novecento. I protagonisti del romanzo sono in parte ispirati all’autore stesso e a sua moglie Zelda, ma i loro tratti furono mescolati con quelli di Gerald e Sara Murphy (nella finzione Dick e Nicole Diver), una ricchissima coppia di americani espatriati che ospitavano nella loro Villa America artisti e scrittori famosi come Pablo Picasso, Dorothy Parker e John Dos Passos.
Sino ad allora la stagione turistica della Riviera si limitava strettamente all’inverno, quando migliaia di villeggianti vi soggiornavano oziosi godendo del clima mite, dividendo il loro tempo tra visite reciproche, interminabili passeggiate lungo la celebre Promenade des Anglais di Nizza e qualche puntata nei casinò. Ma nel clima di spensierato ritorno alla normalità dopo la Prima guerra mondiale queste antiche consuetudini apparvero rapidamente superate. Si diffondeva una nuova vita estiva veloce, informale, divertente: corse in auto, cocktail in piscina e improvvisati pranzi in terrazza, con l’immancabile sottofondo di musica jazz che accompagnava il nascere di amori estivi. Lontano da casa si poteva vivere una vita diversa, assumere nuove identità, sperimentare piacevoli trasgressioni.
La maggior parte del tempo si trascorreva in spiaggia a scherzare, nuotare, uscire al largo con la barca a vela. La spiaggia, da sempre considerata uno spazio del tutto trascurato e inutile, acquistò una nuova centralità durante le vacanze. Molte regole, che oggi ci paiono scontate, furono definite e adottate: delimitare e presidiare il proprio spazio con asciugamani, sdraio e ombrelloni; impiegare un tempo infinito con svaghi infantili (i castelli di sabbia!); soprattutto occuparsi del proprio corpo, impietosamente esposto agli sguardi altrui. In particolare abbronzarsi era la moda del giorno. Sino ad allora la pelle bruna era caratteristica di chi svolgeva i lavori più umili, all’aria aperta - contadini, pescatori, operai – e solo pochi nordici stravaganti, Tedeschi o Scandinavi, si offrivano liberamente al sole. La bellezza femminile celebrava la pelle di luna, protetta da creme, guanti, cappellini, velette. Occorreva una donna di gusto e di successo che legittimasse la nuova moda, e questa fu la celebre stilista Coco Chanel, abituale frequentatrice della Costa Azzurra negli anni Venti. La donna di Chanel si muove con un’inedita libertà e indipendenza nel mondo maschile, e in spiaggia si offre sicura agli sguardi in pantaloncini corti e con le braccia nude: la strada verso il bikini, introdotto nel 1946, era aperta. Il successo, e l’imitazione, fu immediato: del resto, come scrisse Leopold Fetchner, «un uomo sulla Luna non sarà mai interessante quanto una donna sotto il Sole». Un turista che occupava una villa a Cannes nell’estate del 1924 ricorda: «Ci mettemmo subito a prendere il sole, che allora era una novità. Un sacco di cura del sole, una cura del sole esagerata. Era uno studio, richiedeva tempo, ore e ore a prendere la tintarella».
Nel 1931 gli albergatori della Côte d’Azur si riunirono e alla luce delle novità, pur con qualche dubbio, decisero di rimanere aperti anche d’estate: era nata la “civiltà balneare”. Curiosamente tutto fu inventato qui, in questo piccolo angolo del Mediterraneo; e da qui fu esportato senza sostanziali modifiche nel resto del mondo, quando il turismo di massa si affermò dopo la Seconda guerra mondiale, creando un impero sul quale il Sole non tramonta mai.
«Sulla bella costa della Riviera francese, a mezza strada tra Marsiglia e il confine italiano, sorge un albergo rosa, grande e orgoglioso. Palme deferenti ne rinfrescano la facciata rosata, e davanti a esso si stende una breve spiaggia abbagliante. Recentemente è diventato un ritrovo estivo di gente importante e alla moda; dieci anni fa, quando in aprile la clientela inglese andava verso il Nord, era quasi deserto. Ora molte villette vi si raggruppano intorno; ma quando questa storia incomincia, soltanto i tetti di una dozzina di vecchie ville marcivano come ninfee in mezzo ai pini ammassati tra l'Hotel des Etrangers di Gausse e Cannes, otto chilometri più in là.»
Riconosciuto? È il celebre incipit di “Tenera è la notte”, di Francis Scott Fitzgerald, pubblicato nel 1934, che racconta come fu “inventata” la nuova vita turistica sulla Riviera negli anni Venti del Novecento. I protagonisti del romanzo sono in parte ispirati all’autore stesso e a sua moglie Zelda, ma i loro tratti furono mescolati con quelli di Gerald e Sara Murphy (nella finzione Dick e Nicole Diver), una ricchissima coppia di americani espatriati che ospitavano nella loro Villa America artisti e scrittori famosi come Pablo Picasso, Dorothy Parker e John Dos Passos.
Sino ad allora la stagione turistica della Riviera si limitava strettamente all’inverno, quando migliaia di villeggianti vi soggiornavano oziosi godendo del clima mite, dividendo il loro tempo tra visite reciproche, interminabili passeggiate lungo la celebre Promenade des Anglais di Nizza e qualche puntata nei casinò. Ma nel clima di spensierato ritorno alla normalità dopo la Prima guerra mondiale queste antiche consuetudini apparvero rapidamente superate. Si diffondeva una nuova vita estiva veloce, informale, divertente: corse in auto, cocktail in piscina e improvvisati pranzi in terrazza, con l’immancabile sottofondo di musica jazz che accompagnava il nascere di amori estivi. Lontano da casa si poteva vivere una vita diversa, assumere nuove identità, sperimentare piacevoli trasgressioni.
La maggior parte del tempo si trascorreva in spiaggia a scherzare, nuotare, uscire al largo con la barca a vela. La spiaggia, da sempre considerata uno spazio del tutto trascurato e inutile, acquistò una nuova centralità durante le vacanze. Molte regole, che oggi ci paiono scontate, furono definite e adottate: delimitare e presidiare il proprio spazio con asciugamani, sdraio e ombrelloni; impiegare un tempo infinito con svaghi infantili (i castelli di sabbia!); soprattutto occuparsi del proprio corpo, impietosamente esposto agli sguardi altrui. In particolare abbronzarsi era la moda del giorno. Sino ad allora la pelle bruna era caratteristica di chi svolgeva i lavori più umili, all’aria aperta - contadini, pescatori, operai – e solo pochi nordici stravaganti, Tedeschi o Scandinavi, si offrivano liberamente al sole. La bellezza femminile celebrava la pelle di luna, protetta da creme, guanti, cappellini, velette. Occorreva una donna di gusto e di successo che legittimasse la nuova moda, e questa fu la celebre stilista Coco Chanel, abituale frequentatrice della Costa Azzurra negli anni Venti. La donna di Chanel si muove con un’inedita libertà e indipendenza nel mondo maschile, e in spiaggia si offre sicura agli sguardi in pantaloncini corti e con le braccia nude: la strada verso il bikini, introdotto nel 1946, era aperta. Il successo, e l’imitazione, fu immediato: del resto, come scrisse Leopold Fetchner, «un uomo sulla Luna non sarà mai interessante quanto una donna sotto il Sole». Un turista che occupava una villa a Cannes nell’estate del 1924 ricorda: «Ci mettemmo subito a prendere il sole, che allora era una novità. Un sacco di cura del sole, una cura del sole esagerata. Era uno studio, richiedeva tempo, ore e ore a prendere la tintarella».
Nel 1931 gli albergatori della Côte d’Azur si riunirono e alla luce delle novità, pur con qualche dubbio, decisero di rimanere aperti anche d’estate: era nata la “civiltà balneare”. Curiosamente tutto fu inventato qui, in questo piccolo angolo del Mediterraneo; e da qui fu esportato senza sostanziali modifiche nel resto del mondo, quando il turismo di massa si affermò dopo la Seconda guerra mondiale, creando un impero sul quale il Sole non tramonta mai.
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