NON FATEVI PRENDERE DAL PANICO. Questo motto molto condivisibile era stampato a grandi caratteri rassicuranti sulla copertina della “Guida galattica per gli autostoppisti”, presentata alla fine degli anni Settanta da Douglas Adams in un fortunato programma radiofonico della BBC, dal quale furono ricavati anche un libro e un film. Adams in fondo è solo uno dei numerosi scrittori, primo fra tutti Jules Verne, che hanno cercato di immaginare i viaggi nel futuro. Anche gli sceneggiatori di Hollywood hanno avuto alcune felici intuizioni. Per esempio questa: i sogni di Douglas Quaid, un operaio edile, sono turbati da visioni del paesaggio di Marte, e perciò decide di rivolgersi alla Rekall, una compagnia specializzata in "turismo virtuale". In fondo viaggiamo per accumulare ricordi, e dunque perché spostare il corpo, con conseguenti spese e disagi, quando le esperienze possono essere sperimentate e registrate direttamente nella mente? Uno dei pacchetti di “turismo virtuale” della Rekall è appunto su Marte, e Doug decide di provarlo per verificare se egli sia effettivamente già stato sul Pianeta rosso. Durante la procedura però qualcosa va storto, e si scopre che qualcuno ha manipolato in precedenza la mente di Quaid: tutti i suoi ricordi, persino il matrimonio, sono falsi... Riconosciuto? È “Atto di forza” (1990, il protagonista è interpretato da Arnold Schwarzenegger).
Ne “Il quinto elemento” (1997) il regista Luc Besson ha invece immaginato un futuro dove interi pianeti saranno trasformati in villaggi vacanza, raggiungibili con gigantesche (astro)navi da crociera. Ma anche qui, a quanto pare, non saremo al sicuro dalle minacce dei terroristi... Tuttavia, per chiunque abbia visto anche una sola puntata di “Star Trek” - la prima serie andò in onda dal 1966 al 1969 - il viaggio futuribile per eccellenza non può essere che il teletrasporto. “Energia!” ordina il capitano Kirk, per poi dissolversi e ricomparire un istante più tardi sulla superficie di qualche strano pianeta; e dopo molte peripezie, l’episodio si conclude regolarmente con un trionfale “Mi faccia risalire, signor Scott”. Per curiosità, il teletrasporto fu introdotto per risparmiare sulle costose scenografie dei viaggi spaziali, e le scintillanti sequenze venivano realizzate facendo cadere su un foglio di cartone nero piccoli pezzi di alluminio.
Fantascienza? Probabilmente sì, ma nel suo ultimo libro l’astronomo e giornalista inglese David Darling non esclude che un giorno possa diventare realtà. Dopo tutto il teletrasporto è già stato realizzato pochi anni fa, sia pure soltanto per pochi metri, in laboratorio, e al livello di particelle subatomiche come i fotoni. Comunque abbastanza perché la rivista “Science” inserisse il teletrasporto pratico nella lista delle dieci innovazioni più significative del 1998. La ricerca si misura ora con atomi (con primi successi) e molecole. Beninteso, non dimentichiamo che un corpo umano del peso di circa 70 chilogrammi è composto da 7.000 trilioni di trilioni di atomi. Non dimentichiamo però nemmeno che nell’arco di una sola vita umana si è passati dal primo timido volo dei fratelli Wright (1903) alla discesa sulla Luna (1969)! Nella parte centrale del libro Darling racconta gli sviluppi teorici e gli esperimenti che hanno reso possibile il teletrasporto, aggirandosi tra meccanica quantistica, crittografia, computer di potenza quasi inimmaginabile, e quel misterioso fenomeno di collegamento istantaneo tra particelle che permane saldo e invariato anche se si trovano agli estremi opposti dell’Universo chiamato entanglement (“intreccio”). Con un meritorio sforzo di divulgazione riesce a rendere accostabili temi di complessità vertiginosa, che rifuggono dal senso comune. E anche se il lettore medio, privo di solide basi scientifiche, non riesce comunque a seguirlo, può però consolarsi con i capitoli iniziali e finali del libro, dove si ripercorre la storia culturale del teletrasporto, tra letteratura, cinema, televisione, e si delineano le implicazioni religiose, filosofiche e sociali che sorgerebbero in caso di successo del teletrasporto umano.
Vorreste essere dissolti atomo per atomo, sapendo che il vostro Io originale sarà distrutto, e sarete rimaterializzati da un’altra parte come copia di voi stessi con nuovi materiali, senza nemmeno un atomo in comune con l’originale? Ad essere trasportata alla velocità della luce, non sarà infatti la materia di cui siamo composti (sia pure sotto forma di energia), come ipotizzato in “Star Trek”, ma pura informazione. Sopravviverà la nostra anima all’inevitabile annullamento dell’originale? O tali paure appariranno presto ridicole, perché in fondo gli atomi sono tutti uguali, e anche il nostro corpo cambia continuamente? Forse in futuro solo pochi originali si negheranno il piacere del teletrasporto, come accade oggi a chi ha paura di volare. E se un giorno le cabine del teletrasporto diventeranno comuni come quelle del telefono, ecco che i “Viaggiatori d’Occidente” visiteranno un tempio indiano la mattina, pranzeranno a Shanghai, faranno shopping a New York nel pomeriggio, godranno del tramonto sul Machu Picchu, ceneranno in Francia, per poi rientrare a casa in tempo per dormire. E tutto nel pieno rispetto dell’ecologia, senza emissioni inquinanti.
È praticamente certo che non saremo noi i primi a sperimentare questa forma di viaggio. Probabilmente ci vorranno secoli, se mai sarà possibile. Ma se vi dovesse capitare, fate attenzione che una mosca non si posi su di voi proprio nell’istante in cui venite smaterializzati... (“La mosca”, 1986, remake di un film del 1958).
Ne “Il quinto elemento” (1997) il regista Luc Besson ha invece immaginato un futuro dove interi pianeti saranno trasformati in villaggi vacanza, raggiungibili con gigantesche (astro)navi da crociera. Ma anche qui, a quanto pare, non saremo al sicuro dalle minacce dei terroristi... Tuttavia, per chiunque abbia visto anche una sola puntata di “Star Trek” - la prima serie andò in onda dal 1966 al 1969 - il viaggio futuribile per eccellenza non può essere che il teletrasporto. “Energia!” ordina il capitano Kirk, per poi dissolversi e ricomparire un istante più tardi sulla superficie di qualche strano pianeta; e dopo molte peripezie, l’episodio si conclude regolarmente con un trionfale “Mi faccia risalire, signor Scott”. Per curiosità, il teletrasporto fu introdotto per risparmiare sulle costose scenografie dei viaggi spaziali, e le scintillanti sequenze venivano realizzate facendo cadere su un foglio di cartone nero piccoli pezzi di alluminio.
Fantascienza? Probabilmente sì, ma nel suo ultimo libro l’astronomo e giornalista inglese David Darling non esclude che un giorno possa diventare realtà. Dopo tutto il teletrasporto è già stato realizzato pochi anni fa, sia pure soltanto per pochi metri, in laboratorio, e al livello di particelle subatomiche come i fotoni. Comunque abbastanza perché la rivista “Science” inserisse il teletrasporto pratico nella lista delle dieci innovazioni più significative del 1998. La ricerca si misura ora con atomi (con primi successi) e molecole. Beninteso, non dimentichiamo che un corpo umano del peso di circa 70 chilogrammi è composto da 7.000 trilioni di trilioni di atomi. Non dimentichiamo però nemmeno che nell’arco di una sola vita umana si è passati dal primo timido volo dei fratelli Wright (1903) alla discesa sulla Luna (1969)! Nella parte centrale del libro Darling racconta gli sviluppi teorici e gli esperimenti che hanno reso possibile il teletrasporto, aggirandosi tra meccanica quantistica, crittografia, computer di potenza quasi inimmaginabile, e quel misterioso fenomeno di collegamento istantaneo tra particelle che permane saldo e invariato anche se si trovano agli estremi opposti dell’Universo chiamato entanglement (“intreccio”). Con un meritorio sforzo di divulgazione riesce a rendere accostabili temi di complessità vertiginosa, che rifuggono dal senso comune. E anche se il lettore medio, privo di solide basi scientifiche, non riesce comunque a seguirlo, può però consolarsi con i capitoli iniziali e finali del libro, dove si ripercorre la storia culturale del teletrasporto, tra letteratura, cinema, televisione, e si delineano le implicazioni religiose, filosofiche e sociali che sorgerebbero in caso di successo del teletrasporto umano.
Vorreste essere dissolti atomo per atomo, sapendo che il vostro Io originale sarà distrutto, e sarete rimaterializzati da un’altra parte come copia di voi stessi con nuovi materiali, senza nemmeno un atomo in comune con l’originale? Ad essere trasportata alla velocità della luce, non sarà infatti la materia di cui siamo composti (sia pure sotto forma di energia), come ipotizzato in “Star Trek”, ma pura informazione. Sopravviverà la nostra anima all’inevitabile annullamento dell’originale? O tali paure appariranno presto ridicole, perché in fondo gli atomi sono tutti uguali, e anche il nostro corpo cambia continuamente? Forse in futuro solo pochi originali si negheranno il piacere del teletrasporto, come accade oggi a chi ha paura di volare. E se un giorno le cabine del teletrasporto diventeranno comuni come quelle del telefono, ecco che i “Viaggiatori d’Occidente” visiteranno un tempio indiano la mattina, pranzeranno a Shanghai, faranno shopping a New York nel pomeriggio, godranno del tramonto sul Machu Picchu, ceneranno in Francia, per poi rientrare a casa in tempo per dormire. E tutto nel pieno rispetto dell’ecologia, senza emissioni inquinanti.
È praticamente certo che non saremo noi i primi a sperimentare questa forma di viaggio. Probabilmente ci vorranno secoli, se mai sarà possibile. Ma se vi dovesse capitare, fate attenzione che una mosca non si posi su di voi proprio nell’istante in cui venite smaterializzati... (“La mosca”, 1986, remake di un film del 1958).
David Darling, “Teletrasporto. Il salto impossibile”, traduzione di Angela Iorio, Bollati Boringhieri, 2008, pp.231, € 25,00.
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