mercoledì 23 luglio 2008


A volte, durante un viaggio, svaniscono improvvisamente tutti i riferimenti abituali, e ci troviamo, confusi e spaesati, in un luogo che non avremmo mai pensato di visitare. Benvenuti a Nowhere...

Il viaggio si distingue da un’esperienza turistica soprattutto per lo spazio lasciato all’imprevisto. Nel viaggio si segue un programma di massima, si mantengono aperte a lungo diverse possibilità, si compiono deviazioni, si corre il rischio di qualche disavventura. Nel turismo invece il programma è più vincolante, e anche se si proclama “turismo d’avventura”, resta sempre un’esperienza protetta, sicura, dove l’imprevisto è considerato un sinonimo di errore, qualcosa che non deve succedere. Turismo insomma è sapere dove si è. Per questo il turismo può produrre semmai i tanto vituperati “non luoghi”, secondo la fortunata espressione coniata dal sociologo Marc Augé, ovvero luoghi puramente funzionali, anonimi, senza storia e senza identità, come i grandi aereoporti internazionali, o i villaggi vacanza. Solo in viaggio possiamo invece trovarci d’improvviso a Nowhere. Nowhere può essere ovunque, è al tempo stesso un luogo, una situazione e uno stato d’animo di disorientamento.
Nowhere prende forma davanti a noi quando scopriamo che non siamo dove credevamo di essere, quando perdiamo tutte le coordinate geografiche, temporali e psicologiche e ci guardiamo attorno perplessi: “Cosa ci faccio qui?” A questo tema Lonely Planet/EDT ha dedicato un’antologia – “Tales from Nowhere” è appunto il titolo originale - che raccoglie i racconti di trentuno famosi scrittori di viaggio, tra cui Rolf Potts, Pico Iyer, Danny Wallace e altri.Anche i luoghi sono i più vari, vicini o lontani, familiari o esotici, in tutti i continenti. A dire il vero non tutti i racconti sembrano rispettare esattamente il tema assegnato, ma forse era inevitabile, considerato l’argomento: si sarà perso anche il curatore, dentro la sua antologia... Inoltre, come sempre accade in libri di questo genere, i racconti sono disuguali per qualità, ma alcuni sonodavvero interessanti.
Per esempio Don Meredith, durante un viaggio in Kenia, incontra un amico meccanico, e si lascia convincere a seguirlo sul suo carro attrezzi fino a un posto chiamato Ngobit, dove deve riparare un minibus guasto. Mentre attende che l’amico finisca il suo lavoro in questo piccolo villaggio africano, di cui ignorava l’esistenza sino a poche ore prima, Don familiarizza con gli abitanti, e si ritrova a bere birra calda e a discutere con loro se Shakespeare sia mai esistito. Un’avventura simile accade a Karla Zimmerman, quando l’autobus su cui viaggia ha un incidente in una remota zona collinare del Vietnam, e si trova coinvolta nella vita cordiale di un piccolo agglomerato di case senza negozi né telefono, che sorge a una curva qualunque della strada: un luogo che sarebbe stato soltanto una fuggevole impressione dal finestrino. Conor Grennan invece viaggia in bicicletta in Sri Lanka, senza sapere che è nel pieno della stagione delle piogge. Oltretutto si perde, e nel mezzo di un diluvio irrompe a tutta velocità dentro un negozio sperduto nella foresta, dove l’unico cibo disponibile sono... delle torte di compleanno al cioccolato, ma così buone da non poterci credere: le torte più buone di tutto lo Sri Lanka. Infine Judy Tierney, che viaggia con una rigida tabella di marcia, rimane bloccata in un’improbabile locanda in una località di passaggio, a Chitimba, in Malawi. Mentre attende inutilmente un mezzo di trasporto che non arriverà mai, impara il significato profondo delle parole “poli, poli” (nella lingua locale “niente fretta, niente fretta”): la sola massima indispensabile in un continente dove con la fretta non si va da nessuna parte, e dove niente marcia secondo un orario prefissato.
Sono storie ed esperienze diverse, a volte tristi e tragiche, a volte sorprendenti e gioiose. In tutti i casi, superato lo smarrimento iniziale, si stabiliscono pian piano i nuovi punti di riferimento, e si finisce spesso per scoprire che il posto dove siamo capitati, contro ogni probabilità, ha qualcosa da dirci. Nowhere non è alla fine di una strada chiusa, semmai è un incrocio tra strade diverse: rivela connessioni, soluzioni, nuove prospettive, altre vite. Vite che, chissà, avrebbero potuto essere anche le nostre, se solo tanto tempo fa avessimo detto altre parole, per esempio sì invece di no, e fatto altre scelte. In fondo
quello che per noi è Nowhere, per altri è un luogo familiare, quotidiano, la loro casa. Per un momento proviamo così l’esperienza di essere il pezzo di un altro puzzle, diverso da quello cui abitualmente apparteniamo. Nowhere insegna che il mondo è pieno di sorprese, se sappiamo abbandonarci ad esso, e se sappiamo coltivare le qualità necessarie per viverci pienamente: umiltà, curiosità, coraggio, senso dell’umorismo, tolleranza, comprensione, compassione.
Nowhere è anche intorno a noi, ma spesso non ce ne accorgiamo, perché per scoprirlo dobbiamo imparare a guardare con occhi diversi. È il filo conduttore del racconto più sorprendente, quello di Jason Elliot. Sulla via del ritorno dal Medio Oriente, Jason accetta l’invito di un amico, e si ferma in una grande capitale dove mondo arabo e africano s’incontrano. Si dirige verso il quartiere dove vive l’amico, con un crescente senso di disagio: è una zona dove la polizia non si azzarda a entrare, e gli abitanti se ne vantano. Qui nessuno parla inglese, si vedono uomini col turbante e donne velate. Da vecchi edifici in mattoni si affacciano negozi con insegne in caratteri arabi, dai quali si
sprigionano odori di kebab e di tutte le altre cucine d’oriente. Quando si ferma a comprare della carne, il macellaio musulmano gli parla di giovani partiti per una guerra lontana e impopolare, di attentati suicidi in centro, di incertezza politica e di crisi economica. Finalmente, con passo sempre più affrettato, Jason raggiunge la casa dell’amico, dove finalmente può rasserenarsi tra volti familiari, si affaccia alla finestra e vede all’orizzonte...il Big Ben.

Don George (curatore), “Dove sono finito? Storie inaspettate da luoghi inaspettati”, EDT, Torino 2008, pp.242, € 14,50

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