C’è un solo modo in cui un professionista non comincerebbe mai un resoconto di viaggio, perché troppo banale, ed è: “Mentre il taxi mi trasportava dall’aereoporto in città, il tassista mi raccontò che...”. Tutt’altro che banale è invece l’idea del giornalista francese Lionel Cottu, che in un piacevole volume illustrato ha raccontato proprio taxi e tassisti di venti grandi città del mondo, con interessanti dati comparativi su numero di vetture, licenze, orari, tariffe, guadagni ecc. (e avrebbe fatto bene a limitarsi a questo, perché le descrizioni dei luoghi sono davvero convenzionali).
Alcuni taxi sono famosi, veri e propri simboli cittadini, come i leggendari e comodissimi Black Cabs di Londra, o le vetture gialle di New York. Ma, nonostante la loro funzione sia semplice e universale (il termine taxi è compreso ovunque), quale sorprendente varietà di forme, sempre diverse, troviamo poi lungo le strade! Basti pensare a Tokyo con i taxi dotati di televisione (per i frequenti ingorghi) e gli autisti in guanti bianchi; Città del Messico con i suoi centomila maggiolini Volkswagen (“Vocho”) bicolori; Cuba e le Chevrolet cromate degli anni Sessanta (riservate ai locali); Calcutta con le Ambassador vecchie di cinquant’anni; Manila con i decoratissimi Jeepney (taxi collettivi ricavati da residuati della seconda guerra mondiale); Bangkok e i suoi tuk-tuk, così simili ai nostri Ape; l’Asia tutta, con le infinite varietà di risciò; le Maldive con i taxi-idrovolanti rossi; o ancora gli Zemidjans (nella lingua locale “portami alla svelta”) del Benin, dove è l’autista del moto-taxi, e non il veicolo, a essere riconoscibile per il colore giallo degli abiti.
L’Italia è presente solo con i motoscafi-taxi e le gondole di Venezia: del resto l’autore avrebbe faticato non poco a trovare alla guida dei nostri taxi, come in quasi tutto il resto del mondo, quei poveri e coraggiosi immigrati che, grazie a questo faticoso mestiere, muovono i primi passi verso l’integrazione nel Paese che li ha accolti.
Lionel Cottu, "Taxi di tutto il mondo", traduzione di Angelo Ramella, Istituto geografico De Agostini, Milano 2006, pp.176, € 29,50.
Alcuni taxi sono famosi, veri e propri simboli cittadini, come i leggendari e comodissimi Black Cabs di Londra, o le vetture gialle di New York. Ma, nonostante la loro funzione sia semplice e universale (il termine taxi è compreso ovunque), quale sorprendente varietà di forme, sempre diverse, troviamo poi lungo le strade! Basti pensare a Tokyo con i taxi dotati di televisione (per i frequenti ingorghi) e gli autisti in guanti bianchi; Città del Messico con i suoi centomila maggiolini Volkswagen (“Vocho”) bicolori; Cuba e le Chevrolet cromate degli anni Sessanta (riservate ai locali); Calcutta con le Ambassador vecchie di cinquant’anni; Manila con i decoratissimi Jeepney (taxi collettivi ricavati da residuati della seconda guerra mondiale); Bangkok e i suoi tuk-tuk, così simili ai nostri Ape; l’Asia tutta, con le infinite varietà di risciò; le Maldive con i taxi-idrovolanti rossi; o ancora gli Zemidjans (nella lingua locale “portami alla svelta”) del Benin, dove è l’autista del moto-taxi, e non il veicolo, a essere riconoscibile per il colore giallo degli abiti.
L’Italia è presente solo con i motoscafi-taxi e le gondole di Venezia: del resto l’autore avrebbe faticato non poco a trovare alla guida dei nostri taxi, come in quasi tutto il resto del mondo, quei poveri e coraggiosi immigrati che, grazie a questo faticoso mestiere, muovono i primi passi verso l’integrazione nel Paese che li ha accolti.
Lionel Cottu, "Taxi di tutto il mondo", traduzione di Angelo Ramella, Istituto geografico De Agostini, Milano 2006, pp.176, € 29,50.
(Clavis)