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Tale ruolo, secondo Pivato, entra tuttavia in crisi quando il fascismo (con cui il Touring, tra alti e bassi, trova comunque un terreno d’intesa) fa propria larga parte del programma dell’associazione, occupandosi in prima persona del turismo, attraverso le istituzioni pubbliche e iniziative quali i celeberrimi “treni popolari”, con il risultato di relegare il Touring in un ruolo sussidiario (ma a questo proposito andrebbe approfondito quel divario tra i roboanti programmi e la loro effettiva realizzazione che fu caratteristico del fascismo). Né il Touring, sempre secondo Pivato, riesce a recuperare la perduta influenza nel secondo dopoguerra, quando il turismo s’impone definitivamente nella vita del Paese, ma in forme ludiche e consumistiche, poco toccate anche da quella nuova sensibilità ambientale e paesaggistica di cui il Touring andava dotandosi.
E così, dopo molti e meritati elogi, Pivato giunge ad una conclusione paradossale, quasi un epitaffio: “dopo oltre un secolo di vita, gli ideali e la cultura del Touring non appartengono che in minima parte alla identità del nostro Paese.” Ma è davvero così? Il giudizio è forse troppo drastico. Di certo chiudendo il volume di Pivato ci si chiede cosa il futuro riservi all’illustre sodalizio milanese che, nonostante tutte le sue attività, sembra a volte un gigante addormentato... Anche la straordinaria produzione di guide turistiche, avviata già tra le due guerre, ha finito per trasformare il Touring soprattutto in un grande editore, a scapito però della concreta vita associativa, riducendo e rendendo così più indiretta la sua influenza nella società. Ha il Touring oggi la capacità e la forza di avviare una riflessione ampia e spregiudicata sul proprio ruolo? Ad esempio affrontando il problema di come coinvolgere maggiormente i giovani, o ripensando quelle forme di governo profondamente accentrate, che hanno dato buona prova in altri tempi e con uomini straordinari come Luigi Bertarelli, ma che non sono forse adatte ai tempi nostri. E se, seguendo Pivato, lo stato in passato ha sottratto competenze al Touring, ha mostrato poi anche di non saperle gestire al meglio (pensiamo alla promozione turistica), così che vi sarebbe forse spazio per una nuova iniziativa più schiettamente politica. Infine, il mondo del turismo è percorso da numerose, positive inquietudini, e il turista di massa è sempre più spesso affiancato da altri più consapevoli e responsabili, che già in buona parte militano nelle fila dell’associazione milanese. Faranno abbastanza rumore da svegliare il gigante?
Stefano Pivato, "Il Touring Club Italiano”, Il Mulino, Bologna 2006, 166 pp., € 12,00