Alex Pavelka è il Ranzani del viaggio, il ritratto (o la caricatura) dei nuovi nomadi del business, che girano vorticosamente (e lussuosamente) per un mondo che resta loro completamente incomprensibile. In “Dove comincia il viaggio” (Cabila, Milano 2006, pp.208, € 10,00) racconta un viaggio che era meglio non cominciare proprio, dato che si riduce allo scorrazzare di un consulente aziendale spesato di tutto tra città descritte come in una cartolina, alberghi a 5 stelle e locali di tendenza. Dedica collettiva di chi sa che non avrà una seconda opportunità, e perle come questo scorcio d’inverno milanese: Il tempo fuori era surreale, un centimetro di ghiaccio sull’asfalto nero e lucido come il marmo. Notte di quelle che i carrozzieri ci mandano tre figli all’università. Io ero armato del mio nuovo mezzo, gioiello di produzione alemanna, interni in pelle e treno di gomme invernali Pirelli, unico in città. Oppure: Mamma Alitalia ha fatto del suo meglio per curare il mio mal di testa con succo d'arancia e spumante Riccadonna...
Scuola del viaggio
venerdì 8 dicembre 2006
mercoledì 6 dicembre 2006
Un popolo che è nello stesso tempo - il diavolo sa in che modo - luttuoso e festaiolo, chiuso e rumorosissimo, di poche parole e di molte grida, sensuale e affettuoso, filosofo per natura e incolto in filosofia, l'unico che ami e apprezzi il sogno e la fantasia e l'ultimo fra i popoli che leggono opere di fantasia e di sogno, curiosissimo e in gran parte ignorante, facile alle avventure e tutta via cauto nel metter fuori il denaro... La follia e la saggezza lo guidano senza litigare, non si sa veramente come, essendo tutt'e due profonde e gravi. Una luce felicissima lo avvolge, ma questo popolo mostra di non saperlo. Esso è triste, di umor nero, come se fosse sepolto nella nebbia, schiacciato da un cielo plumbeo, mentre raggi dorati, frecce lucenti di aria lo colpiscono da ogni parte, e i riflessi del mare tremolano gaiamente sulle facciate delle case. Diavolo, che cos'ha? Perché tiene le mani sprofondate nelle tasche e il cappello calcato sugli occhi? Perché guarda così torvo un cielo che gli sorride così benevolo? E' un popolo difficile da spiegarsi, se non addirittura inspiegabile.
Vitaliano Brancati, "Catania è stata la tomba dei prefetti", "Il Tempo", 17 dicembre 1946